
Pubblicati due nuovi volumi: La necropoli della terramara di Casinalbo (l’edizione degli scavi); Le Urne dei Forti. Storie di vita e di morte in una comunità dell’età del bronzo (il catalogo della mostra).
Sono passati più di vent’anni da quando assieme a Donato Labate e Renato Peroni visitammo l’area della necropoli di Casinalbo. Grazie alle dettagliate informazioni che ci aveva fornito il Sig. Enzo Bertelli, proprietario del terreno e testimone oculare degli scavi di Fernando Malavolti, eravamo infatti finalmente in grado di conoscere con precisione la zona in cui si trovava il sepolcreto.
Non ne conoscevano però il livello di conservazione e dunque decidemmo di realizzare uno scavo per accertare la consistenza del deposito. Nell’impresa ci fu di grande aiuto la liberalità di Pier Giovanni Guzzo e di Giuliana Steffé, rispettivamente Soprintendente archeologo dell’Emilia-Romagna e Funzionario responsabile per la preistoria del territorio di Modena. In quell’ormai remoto ottobre del 1994 parteciparono ai primi scavi Maurizio Cattani, Donato Labate e Gianluca Pellacani, oltre al sottoscritto in qualità di Direttore del Museo Civico Archeologico di Modena. I risultati furono abbastanza soddisfacenti, sebbene non esaltanti, ma comunque sufficienti per continuare la ricerca negli anni successivi con maggiore successo. Dopo quattro anni avevamo portato in luce già centinaia di sepolture e ci sembrò opportuno sospendere gli scavi, che però ripresero con maggiore intensità a partire dal 2003. Nel frattempo era proseguito alacremente il lavoro in laboratorio con il microscavo e il restauro delle urne, particolarmente complesso per lo stato di estrema frantumazione dei cinerari, a cui si è soprattutto dedicato con la sua infinita pazienza Remy Mussati, con l’aiuto esperto di Marika Minghetti e Roberto Monaco, che ne ha completato l’opera con la collaborazione di Maria Abenante e Ilaria Conti. Nel settembre del 2009 fu effettuata l’ultima campagna di scavo e nel 2010 è iniziata la fase di edizione di questi volumi, che hanno comportato un immenso lavoro di rielaborazione, documentazione e sistematizzazione dei dati a cui si è dedicato con straordinario impegno soprattutto Gianluca Pellacani, al quale va il merito anche del coordinamento degli altri autori. Senza la sua perenne e costante presenza, ben oltre quello che sarebbe stato logico aspettarsi, questa ricerca non sarebbe stata possibile. La ricerca è il frutto di uno sforzo corale che ha consentito di usufruire di molte competenze e approcci diversi, provenienti oltre che dal Museo di Modena e dall’Universita Sapienza di Roma, anche dal Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” e dalle Università di Modena e Reggio Emilia e del Salento. La parte più consistente del lavoro, riguardante lo studio dei resti archeologici e antropologici, è stata trattata, oltre che dal sottoscritto, da Claudio Cavazzuti, Donato Labate, Gianluca Pellacani, Vanessa Poli e Loretana Salvadei, ma a questi contributi si debbono aggiungere gli importanti apporti di tutti gli altri studiosi, nei campi della geoarcheologia, dell’archeobotanica e dell’archeometria e dell’archeozoologia. In questo percorso è stato fondamentale il ruolo del Museo Civico Archeologico di Modena che ha sempre sostenuto il progetto, nonostante le difficoltà economiche in cui oggi versano tutte le istituzioni museali. L’aver voluto, dopo gli straordinari risultati raggiunti con la grande mostra sulle terramare (1997) e la realizzazione del parco archeologico della terramara di Montale (2004), che questa ricerca, divenisse ancora una volta un’occasione per valorizzare e divulgare la grande storia delle terramare attraverso una mostra rivolta al grande pubblico, testimonia la tenacia con cui, nonostante tutto, si è cercato di costruire eventi culturali che siano l’esito di una ricerca scientifica. L’edizione degli scavi nella necropoli di Casinalbo era stata concordata fin dall’inizio con Renato Peroni, il quale entusiasticamente accettò di farla rientrare nella collana Grandi contesti e problemi della Protostoria italiana, da lui curata per l’editore All’Insegna del Giglio. Sicuramente non avrebbe fatto mancare anche un suo prestigioso contributo, ma purtroppo la sua scomparsa nel maggio del 2010 glielo ha impedito. Sappiamo però che la pubblicazione di questi due volumi dopo 4 lunghi anni di silenzio della collana seguiti alla morte del suo fondatore, corrisponde a quanto lui desiderava. Venti anni sono tanti, forse troppi per l’edizione di uno scavo, talmente lunghi che durante questo interminabile cammino abbiamo perduto persone care che a questa ricerca hanno in vario modo contribuito. Non solo Renato Peroni a cui ogni studioso di Protostoria deve molto, ma anche Loretana Salvadei ci ha prematuramente lasciato a pochi mesi dalla conclusione. Senza il suo prezioso apporto, la sua generosa disponibilità, tutta la parte di studio antropologico che tanto peso ha in questa ricerca non sarebbe stata avviata e resa possibile. Ma la sorte ha voluto privarci anche delle capacità e del dolce sorriso di due giovani donne: Cecilia Colonna, il cui contributo all’archeologia protostorica è stato tanto rilevante nonostante il breve tempo che le è stato concesso, e Silvia Bellucci che fu tra le prime e più attive collaboratrici sullo scavo e di cui tutti ricordiamo la grande energia e passione. Non posso prevedere se i risultati di questo lavoro reggeranno alla prova delle scoperte che nei prossimi anni certamente apporteranno nuovi importanti contributi alla conoscenza dell’età del bronzo italiana, e in particolare del mondo delle terramare, ma credo che lo sforzo profuso non sarà stato vano e ritengo che aver portato a termine questa ricerca in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo in questi anni sia una prova che nonostante tutto l’archeologia preistorica e protostorica ha ancora qualcosa da dire e molto da fare. Non mi rimane che ringraziare di cuore tutti coloro che hanno condiviso questa faticosa ma gratificante avventura e scusarmi per i tempi troppo lunghi della sua pubblicazione.
Andrea Cardarelli