Descrizione
Questo numero della Rivista spazia su un ampio ventaglio di temi e di cronologie, a sottolineare la vivacità dell’archeologia postmedievale, nella sua missione fondativa di dare un riferimento di etica del patrimonio anche ai secoli più recenti, in cui il destino dei documenti archeologici è ancora troppo spesso lasciato a un giudizio di valore basato sulle cronologie e non sull’effettivo interesse dei resti. Dodici saggi che trattano di archeologia subacquea e del commercio, Conflict archaeology marittima e terrestre, archeologia funeraria, temi classici della Post-Medieval Archaeology britannica, come l’archeologia delle pipe da fumo, temi innovativi come l’archeologia delle marginalità odierne, archeologia dell’architettura e dell’insediamento. Inoltre, sessanta schede di scavi e d’indagini territoriali, distribuite su dodici regioni, forniscono un buon monitoraggio delle più recenti ricerche di archeologia postmedievale attive in Italia. Il ruolo centrale rivestito dalle indagini sui relitti sommersi – per l’archeologia postmedievale nella sua lunga durata – si sta progressivamente consolidando, anche grazie all’abbinamento alle indagini subacquee di ricerche archivistiche mirate che permettano l’identificazione puntuale degli specifici naufragi, con ampie ricadute di conoscenza anche per l’archeologia terrestre. In questo numero, l’archeologia subacquea è presente sia nella sezione riguardante l’archeologia del commercio (due relitti), sia in quella della Conflict Archaeology, con due relitti datati 1715 e 1918. Dalle bocche di porto di Venezia, un trabaccolo databile tra XVIII e metà XIX secolo, presenta un interessante carico di laterizi, mentre il relitto di San Nicoletto è riferito al brigantino prussiano Hellmuth, proveniente dall’Inghilterra con un carico di carbon coke e naufragato nel 1860 all’ingresso del porto di Venezia. La nave veneziana “Croce Rossa” era una nave di linea da combattimento e pertanto di natura pubblica. Affondata nel 1715 all’imboccatura del porto di Malamocco e nota inizialmente come “relitto dei cannoni”, è stata oggetto di una ricerca archivistica molto accurata, che ha permesso di mettere in relazione le sigle incise sui cannoni con le medesime, registrate sui verbali redatti nel 1716. Ancora, ricerche sull’imponente relitto della corazzata austro-ungarica Szent Istvan (Santo Stefano), affondata il 10 giugno 1918, toccano un episodio decisivo per le sorti finali dell’Impero austro-ungarico nel corso della Grande Guerra. Nel volume si discute di archeologia delle pipe di ceramica in Toscana, di ritrovamenti numismatici nel territorio dei Colli Albani, con una prospettiva interpretativa dei processi economici e culturali che questi reperti rappresentano. Le fortificazioni campali sabaude della Val Maira evidenziano l’ottimo livello di conservazione d’interi paesaggi alpini modellati negli anni Quaranta del Settecento in forma di vere e proprie macchine militari, mentre il tema della marginalità sociale e della segregazione nei ghetti dei braccianti agricoli immigrati contemporanei del Tavoliere si confronta con un’archeologia del presente in stretto legame con la sociologia, con l’antropologia, la storia orale e l’etnografia. Il ritrovamento e lo scavo del cimitero ebraico (1393-1569) di Bologna permettono di discutere l’organizzazione spaziale del cimitero, la disposizione delle sepolture, i reperti, fino al rapporto con la comunità ebraica bolognese attuale. E ancora archeologia funeraria nel territorio di Ragusa, con cappelle, sepolture, monumenti funerari, pratiche di trattamento dei corpi, un patrimonio compromesso dai numerosi terremoti, in particolare quello del 1693, che rappresenta comunque una cesura anche per numerosi insediamenti della Sicilia sud-orientale, che furono abbandonati a seguito di questo evento. Una forchetta d’attenzione lunga cinque secoli, secondo la linea da sempre tenuta dalla rivista circa il rifiuto di una cesura cronologica finale che fosse dettata da steccati aprioristicamente o accademicamente individuati, a favore invece di una condizione individuata nell’impiego delle metodologie della ricerca archeologica. Questo avviene sempre in uno scenario auspicabilmente interdisciplinare e di crescente articolazione, in particolare quando si tratti di indagare fenomeni attuali o sub-attuali di alta complessità sociologica e antropologica, con toni e sfumature di un passato-presente, che sfociano in sfumature di un presente-passato.